LA SCUOLA DI NUOVO ALLA SFIDA DEL COVID

il massimo. I precari anche loro molto bravi, dopo tanti anni di lavoro, ma troppi, utili ma non sempre. Prendiamone solo un po' e lasciamo gli altri a quando serviranno. Gli studenti che devono stare a scuola: un po’ in presenza, un po’ in DaD, un po’ in DiD. Flessibili e multitasking al punto che quasi non protestano più perché sanno che situazione vive il Paese. E il personale Ata chiamato a sentinella di decisioni mai concordate, a incarichi necessari, ma temporanei. Utili anche loro ma non indispensabili, dopo aver fatto fronte ad ogni emergenza.  E i dirigenti, mai diventati sceriffi per loro scelta professionale e etica, ora nella morsa di responsabilità temibili. Servono altre scelte. Bisogna capovolgere la piramide delle priorità. Mettiamo al vertice la scuola, la sanità, la sicurezza, il personale che ci lavora, le persone. A fare adattamenti continui e repentini è sempre la scuola: ora al mercato, ora alla mancanza dei trasporti, alle esigenze della produzione. Perché, partendo proprio dall’orario di apertura delle scuole, non si disegna una nuova organizzazione della più grade comunità territoriale in un sistema integrato. Un modello sociale disegnato sulle esigenze della comunità scolastica e rispettoso di quella umana, urbana, lavorativa, potrebbe mettere insieme le persone e offrire sicurezza e tranquillità. Senza chiudere le scuole. La scuola è un vaso di creta tra vasi di ferro. Paga il costo di politiche autoreferenziali e a tratti autoritarie. La politica sta mostrando soprattutto il suo volto di scontro, di contrapposizione. Quando una forza politica con scarsa cultura di governo, diventa governo e resta comunque contrapposta, non potrà mai risolvere i problemi veri che partono dalla scuola. Con la contrapposizione non si può governare in periodi di pace, figuriamoci in quelli di pandemia. Una società attraversata da queste difficoltà ne esce insieme o non esce affatto.

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