NOTA DEL MI SU ATTUAZIONE DPCM DEL 3 NOVEMBRE

funzione che non è rivolta al solo lavoro diretto con l'alunno disabile o comunque in difficoltà, ma anche quello di coordinamento con gli altri colleghi curricolari al fine di gestire eventuali situazioni problematiche che inevitabilmente si presentano quando in classe è inserito un soggetto disabile o con bisogni educativi speciali; dall'altra, la didattica in presenza esclusivamente per gli alunni disabili o con bisogni educativi speciali o con disturbi dello spettro autistico, rischia di farci indietreggiare di almeno 40 anni a quelle che un tempo erano le "classi speciali" ridimensionando di fatto il diritto all'inclusione scolastica.

L'integrazione pretende che gli alunni con disabilità devono essere lì dove ci sono i compagni i quali non possono essere visti attraverso un monitor. L'integrazione si fa in comunità di apprendimento e in nessun altro modo. Si lasci alle deliberazioni delle scuole trovare le giuste soluzioni e si eviti di alzare barriere burocratiche.

Le soluzioni prospettate dalla nota creano enormi complicazioni sulla progettazione didattica: una per la disabilità, una per i gruppi in presenza, una per i gruppi da remoto. Disintegrazione invece che integrazione! Infine, segnaliamo lo svilimento della scuola non più luogo di inclusione, ma di parcheggio, in sostituzione di sevizi assistenziali che pure dovrebbero fare la propria parte ed ancora la riduzione della professionalità dei docenti a mero atto declaratorio, ridotti ad assumere mille ruoli diversi da quello definito nel profilo dell'area di appartenenza.

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